«Potremmo chiamare la prima strada quella dell’arte come filosofia, di un pensiero che si fa carne (e ritmo, armonia di forme e movimenti, di luci e di suoni) e la seconda di arte come pedagogia in azione, come con-ricerca e collaborazione (con–lavoro, lavoro insieme). […] Sieni sembra (invece) possedere il segreto dell’equilibrio tra le due strade, perché entrambe sono guidate dall’irrequieta spinta verso un oltre, dalla scommessa di far nascere il trascendente dal comune. E nello stesso tempo di riportare il comune al trascendente, sì che ogni “comune” in verità esprima (diventi) un “oltre”: là dove la poesia è terra e cielo, concreto e astratto, basso e alto, orizzontale e verticale…»
Goffredo Fofi

«C’è una profonda gioia nel teatro di Virgilio Sieni; e anche una profonda fiducia nella “gente comune” e nella sua vita reale. A chi pensa che il “genocidio culturale” si sia ormai compiuto, che non è possibile più alcuno spazio per la grazia (neanche fra i dominati, ormai così simili ai dominatori), che una scissione ormai incolmabile si è realizzata tra il mondo di ieri e il mondo di oggi, che il trionfo della tecnica è inappellabile e assoluto, che l’umano è stato infinite volte calpestato e cancellato, che la danza non è più luogo di liberazione dal momento che è stata codificata e programmata al fine della competizione televisiva, e quindi al fine della competizione mondana tout court… bene, a chi pensa tutto questo, Sieni sembra rispondere che basta grattare un po’ la superficie. Basta aver pazienza: basta saper creare le condizioni di un incontro, le basi di quella rammemorazione, uno spazio temporaneamente libero (forse proprio all’interno degli stessi templi della modernità) in cui si provi a scindere l’umano da ciò che non è più umano. In genere chi accetta di mettersi in gioco nei suoi spettacoli sono i bambini, gli anziani, i nuovi arrivati, chi non occupa il Centro della società… Forse questa volta non salveranno il mondo, eppure sono ancora in grado di comunicarci cosa sia lo stupore. Detto in altre parole: lo sconvolgimento di nuove, umane visitazioni.»
Alessandro Leogrande

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